Oggi propongo ai miei ventiquattro lettori e mezzo questa mia vecchia poesia che non parla nè di sesso nè d'amore. Se vogliamo è una riflessione sulla vita e sul mio modo di vedere le cose con la consapevolezza del fatto che proprio la vita è effimera ma vale sempre la pena comunque di viverla.
Buona lettura.
.
.
Conchiglie
Lasciò la marea della scorsa notte
Gusci pur vuoti di vite marine,
Vuote conchiglie perse dal mare,
Intuite esistenze di abissi remoti.
Come in un gioco forse crudele
Che si ripete da tempi infiniti
Si diverte il mare con le sue creature
Spesso lasciandole derise e sconfitte.
Morte pur sono, buone soltanto
Per far giocare un bimbo annoiato
O testimoniare in muta maniera
La forza del mare e la sua crudeltà.
Mi sento anch’io conchiglia svuotata
Perso da quel mare che si chiama vita
Che spazza e che butta a volte cattivo
Senza alcun pentimento e senza pietà
Eppur di giocare io stanco non sono
E scrivo parole sulla sabbia bagnata.
Effimere sono e saran cancellate
Dal vento e dall’acqua dell’alta marea.
Ma in questo gioco precario e ben breve
Io lancio una sfida al mal della vita
E vivo questo attimo di tempo mortale
Fuggendo tristezze cattive e maligne.
E con un sorriso a volte un po’ mesto
Osservo burrasche ed albe sul mare
E sento in ogni istante di vita finita
Vivere e rifulgere l’eternità.
Lasciò la marea della scorsa notte
Gusci pur vuoti di vite marine,
Vuote conchiglie perse dal mare,
Intuite esistenze di abissi remoti.
Come in un gioco forse crudele
Che si ripete da tempi infiniti
Si diverte il mare con le sue creature
Spesso lasciandole derise e sconfitte.
Morte pur sono, buone soltanto
Per far giocare un bimbo annoiato
O testimoniare in muta maniera
La forza del mare e la sua crudeltà.
Mi sento anch’io conchiglia svuotata
Perso da quel mare che si chiama vita
Che spazza e che butta a volte cattivo
Senza alcun pentimento e senza pietà
Eppur di giocare io stanco non sono
E scrivo parole sulla sabbia bagnata.
Effimere sono e saran cancellate
Dal vento e dall’acqua dell’alta marea.
Ma in questo gioco precario e ben breve
Io lancio una sfida al mal della vita
E vivo questo attimo di tempo mortale
Fuggendo tristezze cattive e maligne.
E con un sorriso a volte un po’ mesto
Osservo burrasche ed albe sul mare
E sento in ogni istante di vita finita
Vivere e rifulgere l’eternità.
Capita di sentirci delle conchiglie svuotate a volte. La cosa bella è quando riusciamo a far entrare di nuovo il mare dentro di noi e a risentirci sollevati dall'onda!
RispondiEliminaIl mare che si diverte con sue vittime apre lo scenario, ben poco idilliaco, di una presenza schiacciante cui è vano opporsi, se non stando al gioco, un gioco crudele e spietato dove la sopravvivenza è l’unica legge consentita.
RispondiEliminaParagonandosi quindi a delle conchiglie in balia di quella forza cullante ma indifferente nello stesso tempo, la trasposizione dura quel tanto che basta al parallelo fra queste e l’essere vivente, rivelandosi indicativa di una sensibilità panica atta a cogliere l’immensità sovrastante senza peraltro tacere sulla nota stonata racchiusa nel dominio delle acque (inondazioni, maremoti e simili ne sono un tragico esempio). Riconosciuta la precarietà del gioco su cui è imperniata la sua labile traccia inorganica, da qui a sfidarne il male inevitabile il passo è breve, sforzandosi tuttavia di cogliere il lato positivo volgendo le spalle alla tristezza; il tono di sfida che ne deriva ha un qualcosa di prometeico.
trovo azzeccata anche l'interpretazione di valentina, vedi un pò se puoi farmela conoscere.
angiolino