Con questo post, o miei ventiquattro lettori e mezzo, il vostro gufo saggio va in vacanza e si prende ben tre settimane di ferie. Il vostro gufo vi lascia, per questi ventuno giorni, una poesia, Doloroso addio, ed un racconto inedito, Le forbici di Elisa.
Non dimenticatemi, amici lettori, e fate in ogni caso un giretto nel suo blog che, chissà, potrebbe essere anche aggiornato da nuovi pensieri o spam poetici o narrativi ispirati dalle vacanze del gufo saggio.
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Doloroso addio
Doloroso è l’addio
Che mi prende il cuore
Stringendolo tutto
In malinconia discreta
Che ti rende triste
In un mondo che è grigio
E senza colori.
Doloroso è lasciarti
Sapendo per certo
Che il ricordo di te
Sbiadirà nella mia memoria
Portato via
Da uno sbuffo indifferente
Di vento distratto.
Doloroso è tagliare di netto
Le proprie radici
E lasciare senza speranza
I luoghi e le case
Che t’han visto bambino.
Ma la vita ed il tempo
Che sopravviene
Altre emozioni ti doneranno
E tu riderai scordando davvero
Tutto il dolore
Che un addio ha in sé.
Doloroso è l’addio
Che mi prende il cuore
Stringendolo tutto
In malinconia discreta
Che ti rende triste
In un mondo che è grigio
E senza colori.
Doloroso è lasciarti
Sapendo per certo
Che il ricordo di te
Sbiadirà nella mia memoria
Portato via
Da uno sbuffo indifferente
Di vento distratto.
Doloroso è tagliare di netto
Le proprie radici
E lasciare senza speranza
I luoghi e le case
Che t’han visto bambino.
Ma la vita ed il tempo
Che sopravviene
Altre emozioni ti doneranno
E tu riderai scordando davvero
Tutto il dolore
Che un addio ha in sé.
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Le forbici di Elisa
Quella domenica Lorenzo si era svegliato tardi. Era andato a dormire quasi all’alba dopo una notte infuocata passata prima a far bagordi nei locali più in della città e conclusa come d’abitudine nel bollente letto di Paola a far sesso nelle maniere più impensate ed improbabili che essere umano possa immaginare. Solo verso le quattro era rincasato esausto dal troppo alcool ingurgitato e da tutto quel sesso che Paola gli aveva così generosamente elargito.
Già Paola. Sotto la doccia Lorenzo pensava proprio a lei, cioè alla donna che era croce e delizia dell’anima sua. Perché se lei era tanto generosa nel darsi a letto, altrettanto pretendeva da Lorenzo in fatto di bella vita e regali dispendiosi. Se lui raggiungeva l’estasi nelle poche ore passate nel letto di Paola, il resto della giornata era un inferno. A Lorenzo, infatti, i soldi non bastavano mai. Come un drogato ne era sempre alla ricerca perché quelli guadagnati erano sempre irrimediabilmente assorbiti da quel buco nero rappresentato proprio da Paola e dalle di lei necessità – lei, bontà sua, le chiamava proprio così: “necessità” .
Con un sospiro il giovane, perché Lorenzo aveva ventisei anni, dopo essersi vestito e aver bevuto un forte e nero caffè per scacciare i postumi della sbornia della sera precedente, si era messo al volante della sua auto in quel lucente primo pomeriggio di primavera. Quella domenica doveva infatti andare a trovare Elisa, sua amica del cuore e da tempo persa di vista, che abitava in campagna ad una trentina di chilometri dalla città capoluogo dove lui viveva.
Non era sereno il nostro giovane mentre guidava. La sua mente continuava a saltare dal pensiero di Paola a quello del suo conto in banca, perennemente in rosso nonostante il buon stipendio che prendeva dal senatore Prudenzio Mistilla, del quale Lorenzo era il portaborse ed il factotum. Perché il giovane era molto ambizioso e voleva arrivare molto in alto, a gestire tutte quelle clientele che Mistilla coltivava e che gli portavano potere e, soprattutto, soldi, pensiero dominante nella testa di Lorenzo. E dobbiamo dire che il nostro era a buon punto nella realizzazione del suo progetto. Ormai vecchio, Prudenzio Mistilla delegava al suo giovane portaborse molte incombenze del collegio elettorale e Lorenzo incominciava a sentire il profumo inebriante del potere e, se non fosse stato per Paola, sarebbe già stato discretamente ricco, con tutti quegli affari più o meno puliti che richiedevano la sua intermediazione. Ma c’era lei, arpia e sirena in un volto solo, che gli prosciugava portafoglio ed energie mentali. Il giovane non riusciva a staccarsene, ma, come un tossicodipendente, ne era fatalmente attratto e la cercava in ogni momento del suo tempo libero.
Dietro a questi pensieri, Lorenzo si accorse di essere arrivato solo quando vide l’esile e minuta figura di Elisa sull’aia antistante il vecchio casolare abitato da lei e dai suoi genitori.
Inutile descrivere le feste che i due giovani si fecero: ognuno se le può immaginare da sé. Diremo solo che a un certo punto, mentre Lorenzo ed Elisa correvano a perdifiato a piedi nudi per i prati giocando a rincorrersi come due bambini, il giovane si rese conto di non pensare più a Paola e ai problemi finanziari che lo affliggevano e di aver recuperato, sia pure per poco, quella spensieratezza e quella gioia di vivere che da un po’ lo avevano abbandonato.
I pensieri e le preoccupazioni riapparvero quando fu il momento per lui di tornare in città. Un’ombra scura scese sul viso di Lorenzo, ed Elisa se ne accorse.
- Che c’è, Lorenzo? – chiese preoccupata – non sei più il solito, sei incupito… solo per un attimo, quando correvamo per i prati, ti ho riconosciuto come il vecchio compagno di giochi che eri un tempo. Sei cambiato, cosa c’è che ti angustia? –
Lorenzo dapprima non rispose, ma guardò la sua Elisa, non bella come Paola ma fresca e sincera come l’acqua di fonte, incapace di mentire, dolce e riflessiva come una buona madre.
Ed il giovane si sciolse, raccontando tutto ciò che lo tormentava. Disse di Paola, del conto in banca perennemente scoperto e delle porcate che doveva fare per conto di Mistilla per arrivare a quel benedetto potere tanto agognato.
Elisa non disse nulla. Poi andò in camera sua tornandone poco dopo con un assegno ed un pacchetto.
- Ascolta Lorenzo, disse poi, qui c’è un assegno di tremila euro. È poco, lo so, ma è tutto quello che ho. No, non dir niente, aggiunse ancora alle proteste di lui, te li do volentieri, perché gli amici si vedono nel momento del bisogno. Ma stasera, quando arriverai a casa, sfascia questo pacchetto. Solo questo voglio. Ed ora vai, che s’è fatto tardi. –
A capo chino il giovane prese i regali di Elisa senza dire parola, si infilò in auto e prese la strada che conduceva in città.
Arrivato che fu a casa, Lorenzo si sedette sul comodo divano del salotto ed immediatamente sfasciò il pacchetto misterioso che aveva confezionato la sua amica e che lo incuriosiva non poco.
Dentro c’era un oggetto comunissimo: delle normalissime forbici né troppo piccole né troppo grandi. Ma Lorenzo ne era come affascinato e restava a rimirare quell’oggetto intuendo ciò che Elisa gli aveva voluto dire facendogli quel regalo, ma non avendolo ancora ben chiaro in testa.
In quel momento squillò il cellulare. Era il numero di Paola, ma lui non rispose. Quel vano squillo aveva però reso chiaro il senso di quelle forbici. Perché Elisa, con quell’oggetto, lo esortava a dare un taglio a tutta la falsa vita che faceva, a tagliare di netto i marci legami che lo tenevano avvinto a Prudenzio Mistilla e a Paola e che gli stavano avvelenando irrimediabilmente l’animo.
Il cellulare squillò a lungo, ma invano, poi si tacque, ed era forse la prima volta che Lorenzo non rispondeva ad una chiamata di quella donna. Il giovane immaginava la rabbia di lei nel non trovarlo pronto e disponibile come al solito, ma non gliene importava più nulla.
Andò a letto col cuore sollevato e, per la prima volta dopo tanto tempo, dormì sodo, in pace con se stesso.
Il giorno dopo Lorenzo si scoprì a canticchiare sotto la doccia: sapeva benissimo cosa doveva fare.
Per prima cosa strappò in cento pezzettini l’assegno datogli da Elisa. Poi si recò in banca e dal conto svizzero di Mistilla, conto segreto conosciuto unicamente dal vecchio senatore e da lui e sul quale confluivano i soldi delle operazioni più compromettenti, prelevò quasi tutto ciò che era depositato: sapeva che Mistilla non avrebbe potuto protestare avendo più volte asserito pubblicamente di non essere in possesso di alcun fondo occulto.
Poi si recò in riva al mare e gettò nelle acque marine prima la valigia con i soldi di Mistilla zavorrata da grosse e pesanti pietre, poi il costoso cellulare, unico regalo di Paola. Entrambi gli oggetti affondarono velocemente nei flutti, e Lorenzo sorrideva vedendoli sparire in quelle acque profonde.
Sorrideva ancora, il giovane, mentre, alla guida della sua auto, prendeva la strada per arrivare in campagna dal casolare di Elisa. Ci avrebbe messo poco, in fondo erano solo trenta chilometri, ma era la sua vita che cambiava perché, giunto lì, avrebbe chiesto alla ragazza se voleva averlo come compagno per la vita.
E Lorenzo, chissà come, chissà perché, aveva la netta sensazione che Elisa avrebbe risposto di sì.