Vi propongo, o miei ventiquattro lettori e mezzo, questo raccontino corto corto che ho scritto un po' di tempo fa.
Spero che il leggerlo vi porti piacere e spero anche di leggere qualche commento, positivo o negativo, questo non importa.
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Incontro fugace
M’è sempre piaciuta Spianata Castelletto per il panorama che da essa puoi vedere. Attraverso i tetti di ardesia grigiastra puoi pienamente capire il cuore di Genova antica. Avverti anche la forte presenza del mare e riesci a comprendere quanto intimamente connesso esso sia alla vita e all’anima di questa città.
Sul far della sera, un giorno lontano, portavo i miei occhi a riveder Genova. Era una sera di primavera, di cielo azzurro senza nuvole e il sole ad ovest, come palla di fuoco, ormai s’apprestava a lasciar questo cielo. Non v’era nessuno in Spianata Castelletto, così mi pareva, ma poi scorsi una figura di donna. Appoggiata alla balaustra, non si era accorta della mia presenza ed ancora osservava la città e il mare.
Piano dunque mi avvicinai e le dissi
- Genova le piace, signorina? –
Lei si turbò un poco, che non m’aveva udito arrivarle vicino.
- Sì, certo, rispose, anche se è la prima volta che la vedo.
Aveva i capelli neri e mossi, ma quel che colpiva nella sua figura erano gli occhi verdi e quasi stupiti dai quali prorompeva la sua gioventù.
- Ma come, diss’io, è sola soletta? –
- Sì certo, che il mio fidanzato ha avuto un contrattempo e non è potuto venire. –
Così mi spiegò che era di Milano e che a Genova era stata portata per vedere una mostra a Palazzo Ducale. Il suo fidanzato, che doveva venire con lei, all’ultimo istante aveva avuto un impegno, così almeno mi disse, ma lei non aveva rinunciato alla mostra che proprio quel dì chiudeva i battenti. Dopo la visita a palazzo Ducale aveva poi preso la funicolare per vedere dall’alto la città.
Così le mostrai il porto e l’acquario e i giardini pensili di palazzo Tursi, castello Mac Kenzie e poi di lontano la dolce silhouette del promontorio di Portofino
- Ora che ho fatto da cicerone, posso aver l’onore di offrirle un caffè? – le chiesi infine.
- Non si accettano caramelle dagli sconosciuti, rispose lei, ma lei è stato così gentile che non ho cuore a dirle di no.. –
- Non è una caramella, un caffè..e poi lei tanto bambina non è, almeno mi pare. –
Risero i suoi occhi .
- Ha ragione, poi disse, ho quasi ventisette anni .-
Ci incamminammo verso il bar più vicino.
- Mi accorgo che non mi son presentato, dissi io, mi chiamo Giovanni. –
- Piacere, io Elisabetta, ma amici e parenti mi chiamano Bettina. Mi chiami anche lei così. –
In quel caffè un po’ rumoroso, per quasi due ore restammo a parlare scoprendo a vicenda le cose più intime della nostra vita.
Bettina era dolce, di famiglia agiata. Universitaria e baby sitter a tempo perso, da molti anni era affettivamente legata a un bravo giovane ormai suo storico fidanzato ed amico e probabile futuro compagno di vita.
Scoprii dopo un po’, nell’intimità che s’era creata, che lui non era con lei non per qualche impegno dell’ultima ora, ma per un litigio scoppiato la sera precedente per motivi banali
-Uh ma è tardissimo.. – disse lei, - devo prendere il treno .-
-Aspetta, che t’accompagno –
Ci guardammo negli occhi e non nascondo che in quel momento ero proprio cotto di lei.
Fino a Principe non parlammo, poi prima che scendesse dalla mia auto, le presi le mani e le diedi due grossi baci sulle guance.
-E’ stato un piacere conoscerti, Bettina, le dissi a mo’ di commiato, ecco il mio numero di cellulare… telefona quando vuoi che mi fai sempre piacere –
-Non dubitare, sicuramente lo farò … Grazie ancora per il caffè e per la lezione d’arte .-
Non ho mai più rivisto la dolce Bettina dai neri capelli e dai begli occhi verdi. Forse ha fatto la pace col suo ragazzo o forse, chissà.
Ma Spianata Castelletto nei miei ricordi sarà sempre legata a un attimo di vero e dolce amore provato in quella sera ormai lontana nel tempo.
M’è sempre piaciuta Spianata Castelletto per il panorama che da essa puoi vedere. Attraverso i tetti di ardesia grigiastra puoi pienamente capire il cuore di Genova antica. Avverti anche la forte presenza del mare e riesci a comprendere quanto intimamente connesso esso sia alla vita e all’anima di questa città.
Sul far della sera, un giorno lontano, portavo i miei occhi a riveder Genova. Era una sera di primavera, di cielo azzurro senza nuvole e il sole ad ovest, come palla di fuoco, ormai s’apprestava a lasciar questo cielo. Non v’era nessuno in Spianata Castelletto, così mi pareva, ma poi scorsi una figura di donna. Appoggiata alla balaustra, non si era accorta della mia presenza ed ancora osservava la città e il mare.
Piano dunque mi avvicinai e le dissi
- Genova le piace, signorina? –
Lei si turbò un poco, che non m’aveva udito arrivarle vicino.
- Sì, certo, rispose, anche se è la prima volta che la vedo.
Aveva i capelli neri e mossi, ma quel che colpiva nella sua figura erano gli occhi verdi e quasi stupiti dai quali prorompeva la sua gioventù.
- Ma come, diss’io, è sola soletta? –
- Sì certo, che il mio fidanzato ha avuto un contrattempo e non è potuto venire. –
Così mi spiegò che era di Milano e che a Genova era stata portata per vedere una mostra a Palazzo Ducale. Il suo fidanzato, che doveva venire con lei, all’ultimo istante aveva avuto un impegno, così almeno mi disse, ma lei non aveva rinunciato alla mostra che proprio quel dì chiudeva i battenti. Dopo la visita a palazzo Ducale aveva poi preso la funicolare per vedere dall’alto la città.
Così le mostrai il porto e l’acquario e i giardini pensili di palazzo Tursi, castello Mac Kenzie e poi di lontano la dolce silhouette del promontorio di Portofino
- Ora che ho fatto da cicerone, posso aver l’onore di offrirle un caffè? – le chiesi infine.
- Non si accettano caramelle dagli sconosciuti, rispose lei, ma lei è stato così gentile che non ho cuore a dirle di no.. –
- Non è una caramella, un caffè..e poi lei tanto bambina non è, almeno mi pare. –
Risero i suoi occhi .
- Ha ragione, poi disse, ho quasi ventisette anni .-
Ci incamminammo verso il bar più vicino.
- Mi accorgo che non mi son presentato, dissi io, mi chiamo Giovanni. –
- Piacere, io Elisabetta, ma amici e parenti mi chiamano Bettina. Mi chiami anche lei così. –
In quel caffè un po’ rumoroso, per quasi due ore restammo a parlare scoprendo a vicenda le cose più intime della nostra vita.
Bettina era dolce, di famiglia agiata. Universitaria e baby sitter a tempo perso, da molti anni era affettivamente legata a un bravo giovane ormai suo storico fidanzato ed amico e probabile futuro compagno di vita.
Scoprii dopo un po’, nell’intimità che s’era creata, che lui non era con lei non per qualche impegno dell’ultima ora, ma per un litigio scoppiato la sera precedente per motivi banali
-Uh ma è tardissimo.. – disse lei, - devo prendere il treno .-
-Aspetta, che t’accompagno –
Ci guardammo negli occhi e non nascondo che in quel momento ero proprio cotto di lei.
Fino a Principe non parlammo, poi prima che scendesse dalla mia auto, le presi le mani e le diedi due grossi baci sulle guance.
-E’ stato un piacere conoscerti, Bettina, le dissi a mo’ di commiato, ecco il mio numero di cellulare… telefona quando vuoi che mi fai sempre piacere –
-Non dubitare, sicuramente lo farò … Grazie ancora per il caffè e per la lezione d’arte .-
Non ho mai più rivisto la dolce Bettina dai neri capelli e dai begli occhi verdi. Forse ha fatto la pace col suo ragazzo o forse, chissà.
Ma Spianata Castelletto nei miei ricordi sarà sempre legata a un attimo di vero e dolce amore provato in quella sera ormai lontana nel tempo.
Caro Gufo Saggio, hai raccontato un breve incontro come è capitato a molti fo fare e che fanno della vita una lunga serie di occasioni mancate. La vita è così; due baci sulla guancia e un numero di telefono rubato, o dato, a che poi non si vedrà più.
RispondiEliminaUn caro saluto...io il Gufo saggio lo incontro sempre.
un raccontino in stile 'è inutile, come pettinarsi'.
RispondiEliminaè per questo che mi piace molto!
:-)
krug
Io dedico questa canzone
RispondiEliminaad ogni donna pensata come amore
in un attimo di libertà
a quella conosciuta appena
non c'era tempo e valeva la pena
di perderci un secolo in più.
A quella quasi da immaginare
tanto di fretta l'hai vista passare
dal balcone a un segreto più in là
e ti piace ricordarne il sorriso
che non ti ha fatto e che tu le hai deciso
in un vuoto di felicità.
Alla compagna di viaggio
i suoi occhi il più bel paesaggio
fan sembrare più corto il cammino
e magari sei l'unico a capirla
e la fai scendere senza seguirla
senza averle sfiorato la mano.
A quelle che sono già prese
e che vivendo delle ore deluse
con un uomo ormai troppo cambiato
ti hanno lasciato, inutile pazzia,
vedere il fondo della malinconia
di un avvenire disperato.
Immagini care per qualche istante
sarete presto una folla distante
scavalcate da un ricordo più vicino
per poco che la felicità ritorni
è molto raro che ci si ricordi
degli episodi del cammino.
Ma se la vita smette di aiutarti
è più difficile dimenticarti
di quelle felicità intraviste
dei baci che non si è osato dare
delle occasioni lasciate ad aspettare
degli occhi mai più rivisti.
Allora nei momenti di solitudine
quando il rimpianto diventa abitudine,
una maniera di viversi insieme,
si piangono le labbra assenti
di tutte le belle passanti
che non siamo riusciti a trattenere.
le passanti de andrè, da una poesia di antoine paul